IN ITALIA SEMPRE PIU’ GIOVANI COLPITI DA ICTUS

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Ben 4.200 italiani sotto i 45 anni ogni anno sono vittima di ictus. Si tratta del 5,5% dell’incidenza totale dei casi nel nostro paese, a dimostrazione che l’ictus non è (più) una malattia per anziani. Il preoccupante dato è stato reso pubblico questa mattina da Maria Luisa Sacchetti, presidente dell’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale (Alice), in occasione della presentazione dei risultati di uno studio-screening sul rischio ictus. Quest’ultimo ha coinvolto 728 studenti dell’università Sapienza di Roma. Durante la presentazione al Policlinico Umberto I di Roma, la stessa Sacchetti ha spiegato che «l’incontro è dedicato ai più giovani proprio perché si vuole fare chiarezza su questi argomenti. Gran parte dei ragazzi sa infatti ancora troppo poco dell’ictus cerebrale». Non a caso, solo 4 “under 35” su 10 sarebbero in grado di riconoscere i sintomi dell’attacco, o saprebbero come comportarsi in una situazione d’emergenza di questo tipo. Fondamentale, nel caso dell’ictus, è infatti intervenire subito.  (ifgonline.it)

APPROFONDIMENTI: È detto ictus, dal latino colpo, un evento vascolare acuto caratterizzato da un improprio afflusso di sangue ad una regione dell’encefalo, dovuto a occlusione, rottura o spasmo di un vaso cerebrale. I termini aulici utilizzati per definire questa patologia rispecchiano la storia della medicina, attraverso le lingue che hanno dominato le scienze nel corso dei secoli, poiché si passa dal greco apoplessi, al latino ictus, all’inglese stroke, che significano tutti allo stesso modo “colpo”. Un termine italiano, superiore a questi e più preciso di “infarto”, è “accidente cerebrovascolare”, che rientra nell’ambito delle sindromi vascolari acute, tra cui annoveriamo anche l’attacco ischemico transitorio (Transient ischemic attack o TIA) e l’emorragia cerebrale. E’ detto anche colpo apoplettico.

COME CI SI ACCORGE DI ESSERE COLPITI DALL’ICTUS: Quando si è colpiti da un ictus improvvisamente compaiono varie combinazioni di questi disturbi:

  • non riuscire a parlare nel modo corretto (non trovare le parole o non comprendere bene quanto ci viene detto: afasia; pronunciarle in modo sbagliato: disartria),
  • perdere la forza in metà corpo (metà faccia, braccio e gamba, dal lato destro o da quello sinistro: emiplegia o emiparesi),
  • sentire dei formicolii o perdere la sensibilità in metà corpo (in modo analogo alla forza: emiipoestesia e parestesia),
  • non vedere bene in una metà del campo visivo, ossia in quella parte di spazio che abbraccia con uno sguardo (emianopsia),
  • vi possono essere altri sintomi ancora come la maldestrezza, l’assenza di equilibrio e le vertigini (sempre associate ad altri disturbi: una crisi vertiginosa isolata difficilmente è causata da un ictus),
  • le emorragie più gravi, soprattutto l’emorragia subaracnoidea, si annunciano con un improvviso mal di testa (cefalea), molto più forte di quello sperimentato in passato, che viene assimilato ad un colpo di pugnale inferto alla nuca.

COSA SUCCEDE DOPO UN ICTUS: L’ictus è una malattia grave. Alcuni, meno fortunati perché hanno lesioni più estese o un decorso aggravato da complicanze, non superano la fase acuta della malattia e muoiono durante le prime settimane. Per altri, una volta superata la fase acuta, si assiste ad un miglioramento. Questo fatto offre motivi di speranza. Vediamo perché succede. Quando si verifica un ictus alcune cellul cerebrali vengono lesionate in modo reversibile, altre muoiono. Le cellule che non muoiono possono riprendere a funzionare. Inoltre nelle fasi acute dell’ictus, intorno alle aree lese il cervello si gonfia per effetto dell’edema. Quando l’edema si riduce il funzionamento delle aree sane del cervello riprende regolarmente. Infine altre aree sane del cervello possono sostituire le funzioni di quelle lesionate. Ovviamente le possibilità di recupero variano in relazione all’estensione della lesione e alla particolarità della zona colpita. Gli effetti dell’ictus variano molto nelle diverse persone: alcune sperimentano solo disturbi lievi, che con il tempo divengono quasi trascurabili, altri, invece, portano gravi segni della malattia per mesi o per anni. Complessivamente delle persone che sopravvivono ad un ictus, il 15% viene ricoverato in reparti di lungodegenza; il 35% presenta una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana; il 20% necessita di assistenza per la deambulazione; il 70% non riprende la precedente occupazione. Potrebbero capitare anche piccole forme di perdite di memoria temporanee e chi è affetto da questa malattia potrebbe riprendere l’uso della parola e non capire la sua situazione.

DIAGNOSI DI ICTUS: All’ingresso in ospedale vengono di regola effettuati i seguenti esami: radiografia del torace, elettrocardiogramma, esami ematochimici (esame emocromocitometrico con piastrine, glicemia, elettroliti sierici, creatininemia, azoto ureico, bilirubina, transaminasi, tempo di protrombina, APTT). Le diagnosi di TIA e di ictus sono diagnosi cliniche. Tuttavia una tomografia computerizzata (TC) o una risonanza magnetica (MRI) sono utili per riconoscere altre malattie che possono essere confuse con questa e permettono di documentare la presenza di una lesione, la natura ischemica di questa, la sua sede ed estensione, la congruità con la sintomatologia clinica. La RMN presenta vantaggi rispetto alla TAC nell’identificazione di lesioni di piccole dimensioni e per quelle localizzate in fossa cranica posteriore. Quando si sospetta una stenosi carotidea si effettua uno studio eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici soprattutto ai fini della scelta terapeutica in senso chirurgico, eventualmente completando la valutazione con altre tecniche non invasive di neuroimmagine (angio-RMN; angio-TAC). Lo studio eco-Doppler permette inoltre un migliore inquadramento eziopatogenetico.

PRINCIPI DI TERAPIA: L’ictus è un’urgenza medica che richiede un ricovero immediato in ospedale. Il paziente con ictus va sempre ricoverato perché è solo con gli accertamenti eseguibili in regime di ricovero che si può rapidamente diagnosticare sede, natura ed origine del danno cerebrale, oltre che evidenziare e curare eventuali complicanze cardiache, respiratorie e metaboliche. La terapia specifica nelle prime ore si basa sulla disponibilità di strutture e di personale dedicati alla cura dell’ictus (stroke unit) e nel caso dell’ictus ischemico, sulla possibilità di sciogliere il coagulo nelle prime tre ore (trombolisi) e di contrastare la formazione di ulteriori trombi attraverso farmaci che prevengono l’aggregazione delle piastrine (antiaggreganti, in primo luogo, l’aspirina).

RIABILITAZIONE: Dopo un ictus è possibile favorire il recupero, almeno parziale, delle funzioni perse. Tale è il compito della riabilitazione. A questo fine è importante stimolare ed incoraggiare i pazienti con ictus alla partecipazione alle attività quotidiane e promuovere l’abbandono precoce del letto (verticalizzazione precoce). Il recupero funzionale dell’arto superiore e la rieducazione del controllo posturale e della deambulazione rappresentano obiettivi a breve e medio termine del progetto riabilitativo. Il trattamento dei disturbi del linguaggio (afasia) richiede preliminarmente una dettagliata valutazione da parte di operatori competenti ed il coinvolgimento di un terapista del linguaggio (logopedista) ed è mirato a recuperare la capacità di comunicazione globale, di comunicazione linguistica, di lettura, di scrittura e di calcolo oltre che a promuovere strategie di compenso atte a superare i disordini di comunicazione ed a addestrare i familiari alle modalità più valide di comunicazione. Dopo la fase acuta, la cura può proseguire in strutture specializzate per la riabilitazione, tenendo conto delle esigenze a lungo termine del soggetto colpito. Le attività assistenziali a fini riabilitativi dopo un ictus hanno caratteristiche distinte a seconda dell’epoca di intervento e richiedono il contributo di operatori diversi, a seconda degli obiettivi consentiti dalle condizioni cliniche, ambientali e delle risorse assistenziali disponibili. Il progetto riabilitativo dovrebbe essere il prodotto dell’interazione tra il paziente e la sua famiglia ed un team interprofessionale (infermieri, fisiatri, neurologi, fisioterapisti, terapisti occupazionali, riabilitatori delle funzioni superiori e del linguaggio), coordinato da un esperto nella riabilitazione dell’ictus. Il team si riunisce periodicamente per identificare i problemi attivi, definire gli obiettivi riabilitativi più appropriati, monitorare i progressi e pianificare la dimissione. I dati attualmente disponibili non consentono di documentare una maggiore efficacia di alcune metodiche rieducative rispetto ad altre. Nel contesto di un progetto riabilitativo comprendente tecniche volte a compensare i deficit si prevede talvolta la possibilità di utilizzare presidi, quali ortesi ed ausili. È utile che i familiari del soggetto colpito da ictus vengano informati, in maniera chiara, sulle conseguenze dell’ictus, soprattutto in termini di deterioramento cognitivo, incontinenza sfinterica e disturbi psichici, oltre che sulle strutture locali e nazionali fruibili per l’assistenza al soggetto malato. Gli operatori sociali, al fine di organizzare e supportare le risorse disponibili, ma anche di contenere lo stress dei familiari del soggetto colpito da ictus. Anche i pazienti più anziani possono essere riabilitati: è importante che in questi casi la riabilitazione sia guidata da un processo di valutazione multidimensionale geriatrica. Ogni paziente, ancora disabile a distanza di sei mesi o più da un ictus andrebbe ri-valutato al fine di definire le ulteriori esigenze riabilitative, da realizzare se appropriate.  (wikipedia)

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IN ITALIA SEMPRE PIU’ GIOVANI COLPITI DA ICTUSultima modifica: 2009-04-18T05:45:33+02:00da worldeditor
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