FUMO: PREZZI E DIVIETI, COSI GLI ITALIANI PERDONO IL VIZIO

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Un piccolo esercito virtuoso. A dimostrazione che smettere di fumare non è poi così difficile, l`anno scorso ben 560 mila nostri connazionali hanno spento l`ultima sigaretta. E la maggioranza non è più tornata sui propri passi. I dati dell`OssFAD, l`Osservatorio delle dipendenze dell`Istituto Superiore di Sanità, sono più che incoraggianti. Vuol dire che appelli e campagne di sensibilizzazione, divieti e leggi, funzionano. Anche la ricerca fa il proprio mestiere. Ed oggi, giornata della ricerca sul cancro promossa dall`Airc, queste cifre fanno ben sperare. Negli ultimi cinque anni, in Italia, vendita e numero di fumatori sono calati sensibilmente. Se nel 2002 erano state accese e aspirate fino in fondo circa 102 mila “bionde”, nel  2007 sono state “solo” 92 mila. Circa 10 mila di meno: una differenza non da poco. Volendo fare un`ipotesi irreale ma suggestiva, se il numero di fumatori continuasse a diminuire con questi ritmi, partendo dagli 11 milioni e 200 mila di tabagisti italiani di oggi, nel giro di sei anni saremmo un paese “smoke-free”. Un`ipotesi irreale, appunto. Perché di fronte al fumo è come se esistessero tre generazioni diverse: mentre sempre più uomini e donne tra i 25 e 44 anni smettono, o tentanto di farlo, più giovani tra i 15-24 anni e adulti tra i 45 e i 64 si avvicinano al primo o al secondo tiro. “Negli ultimi anni – conferma Roberta Pacifici, dirigente di ricerca dell`OssFAD – c`è stata un`evidente diminuzione delle vendite, tuttavia questo non intacca la tendenza al costante ringiovanimento dell`età media né lo zoccolo duro dei fumatori”. E quelli più in là negli anni che ci ricascano? “Bisogna ricordare che siamo di fronte ad una patologia cronica recidivante – spiega Pacifici – e quindi anche chi resta astinente per anni può ricominciare, con diverse motivazioni”. Le statistiche elaborate dalla Doxa segnalano anche nuove tendenze. Scende il numero di pacchetti venduti in un anno. Meno 1,1%. Colpa, o merito, anche dei prezzi. “Ancora troppo bassi – commenta Pacifici -. I piccoli aumenti non frenano i forti fumatori. Fin quando il costo di un pacchetto da dieci sarà quello di una colazione al bar difficilmente  scoraggerà”. Intanto salgono, e di tanto, più 15%,  i “trinciati”, il tabacco sfuso che si vende in busta e serve a confezionare le sigarette al momento. Certo la distanza tra i due mercati è enorme: i trinciati rappresentano solo l`1% dello smercio di sigarette. Un mercato di nicchia, non regolamentato nel prezzo e nelle quantità di nicotina e condensato, e soprattutto allettante per le tasche dei più giovani. Guardando le cose dall`alto, invece, il pianeta Terra resta una sfera che fuma. Ogni anno sparisce una metropoli di 5,4 milioni di abitanti per colpa delle malattie connesse al fumo.  A far schizzare le statistiche di consumo del tabacco ci pensano soprattutto Cina, India e gli altri paesi asiatici. Poi ci sono i Paesi in via di sviluppo. Strano a dirsi, ma secondo l`Organizzazione mondiale della sanità il tabagismo rappresenta il primo fattore di rischio per queste nazioni. Un indice che si misura in anni di vita persi: quasi dodici se ne vanno in fumo. Ed in fumo, ogni anno, restando nel Vecchio Continente se ne vanno anche 100 miliardi di euro. È il costo delle malattie respiratorie in Europa, il 6% del totale della spesa sanitaria. Vuol dire che ogni cittadino comunitario versa 118 euro per ripagare ricoveri, diarie e interventi, più il buco nero delle ore di lavoro mancate, un altro costo da 48,3 miliardi di euro. Naturalmente, non tutte le patologie respiratorie sono legate al tabacco. Tuttavia di fronte ai cambiamenti, cambiano anche le strategie per combattere il nemico. Per cominciare, si potrebbe dare una mano a quei 3 milioni e passa di fumatori che hanno provato a smettere almeno una volta, senza riuscirci. L`OssFAD ha una ricetta: “L`introduzione nei Lea, i livelli essenziali di assistenza del servizio sanitario, dell`intervento di disassuefazione – spiega Pacifici – e la rimborsabilità dei farmaci, attualmente a pagamento”.  E poi la vigilanza e il controllo continuo, tenendo presente che più di ogni altra motivazione sono l`educazione e la prevenzione a contare maggiormente: coloro che dichiarano di aver smesso perché fumare fa male, e non perché costretti dal medico curante o dalla malattia, erano infatti il 28% nel 2006, quest`anno sono schizzati al 40%. Due anni fa circa la metà di chi rinunciava definitivamente al tabacco rispondeva di aver chiuso con il fumo perché le condizioni di salute lo avevano obbligato. In queste due grandi “famiglie” di ex-fumatori ci sono, sicuramente, anche quelli che, di fronte al costo eccessivo, preferiscono risparmiare. A dichiarare però che il prezzo è la loro motivazione principale sono solo 2,8% degli intervistati.  C`è poi il capitolo divieti. Di sicuro l`introduzione della legge Sirchia, che nel 2003 ha vietato il fumo nei locali pubblici, ha accelerato il pentimento degli ex-fumatori. Tuttavia, anche se i divieti si moltiplicano, dalle stazioni ferroviarie ai giardini pubblici, gli italiani si professano “spiriti liberi” e solo una piccolissima parte, lo 0,5% degli ex, dice di aver smesso perché obbligato dall`ondata di proibizionismo.

(salute24)

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FUMO: PREZZI E DIVIETI, COSI GLI ITALIANI PERDONO IL VIZIOultima modifica: 2008-12-31T00:39:11+01:00da worldeditor
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